Sabato 3 febbraio, presso il Palasport di Vigevano, si è tenuta la solenne celebrazione per la beatificazione di Teresio Olivelli, universalmente riconosciuto come personaggio simbolo della Resistenza dei cattolici italiani. Nel corso della solenne cerimonia, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha dato lettura della lettera con cui papa Francesco ha dichiarato beato il «laico martire» ucciso dai nazisti nel lager di
Hersbruck, rendendo la testimonianza suprema in difesa dei «deboli e oppressi fino al dono della vita». Presenti al rito, oltre al cardinale, il vescovo di Vigevano Maurizio Gervasoni e altri quindici presuli, il postulatore monsignor Paolo Rizzi, un centinaio di sacerdoti e quattromila fedeli. Tra questi, numerose autorità civili e militari, con una nutrita rappresentanza degli Alpini (l’arma nella quale Olivelli serviva) e delle associazioni partigiane e combattentistiche nazionali e locali. L’ANPC era rappresentata dalla vicepresidente nazionale Cristina Olini con alcuni membri del consiglio, e dalle sezioni di Parma, Cremona e Sesto San Giovanni con i relativi medaglieri. Significative la parole del nuovo beato che campeggiavano sullo sfondo del presbiterio: «Non posso lasciarli soli, vado con loro». La famosa frase di Teresio Olivelli, pronunciata all’atto della scelta di seguire i propri compagni nel famigerato campo di sterminio che lo avrebbe visto morire, sintesi efficace del suo messaggio spirituale e della sua eroica testimonianza cristiana. La beatificazione di Olivelli ha seguito i criteri e i percorsi tradizionali usati dalla Chiesa per elevare all’onore degli altari quei fedeli che hanno accettato il martirio, suprema imitazione di Cristo e testimonianza più alta della carità. Il concetto classico di martirio comprende: l’accettazione volontaria della morte violenta per amore di Cristo; l’odium del persecutore per la fede o per un’altra virtù cristiana; la mitezza e il perdono della vittima che imita l’esempio di Gesù sulla croce. Criteri ribaditi e aggiornati lo scorso anno da Papa Francesco con la pubblicazione del Motu Proprio “Maiorem hac dilectionem”, che inizia proprio con le parole di Gesù prese dal Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Il documento identifica e introduce una nuova fattispecie dell’iter di beatificazione e canonizzazione, richiedendo i requisiti dell’offerta libera e volontaria della vita ed eroica accettazione propter caritatem di una morte certa e a breve termine. Le ricerche storiche che hanno impegnato per lunghi anni il postulatore monsignor Paolo Rizzi sono state ispirate e guidate dalla necessità di identificare e provare attraverso le fonti questi elementi, che hanno avuto una costante e chiara conferma in tutte le sedi di indagine. Alcune obiezioni a presunte parzialità nella ricostruzione storica riferita alla figura e all’azione di Olivelli, presentate da alcune persone in forme poco comprensibili e opportune nei giorni antecedenti e successivi la cerimonia, non tengono evidentemente conto dei criteri ai quali la Chiesa si attiene per appurare e provare le virtù dei candidati alla beatificazione, e rispondono a finalità, sentimenti e posizioni sicuramente legittimi, ma confinabili su altri piani di indagine e di comprensione. Maurizio Gentilini
Viterbo, 2 febbraio 2018 Carissimo mons. Paolo Rizzi, con la gioia che solo il cielo conosce e nella fraternità che lo Spirito ci dona, non posso dispensarmi dal dire a te un "grazie" felice, ammirato, esultante per la beatificazione a Vigevano di Teresio Olivelli. Non sto a ricordare la complessità del cammino, ma mi è caro dire con te "grazie a Dio" che accende questa nuova luce nella santa Chiesa di Vigevano per la Chiesa tutta che è pellegrina nel tempo e per questa umanità che ha bisogno, oggi più che mai, di giustizia e solidarietà, di libertà e di pace. "lo ho bisogno di te, o Cristo", scriveva Teresio e aggiungeva subito: "Guardo con fiducia l'avvenire" e che, mentre parlava della sua stagione come "agone e parto", la scorgeva come “un cantiere dello Spirito". E lui, Teresio, di questo "cantiere" si è fatto operaio e testimone, segno di coraggio, di fedeltà e di amore a Dio e all'uomo senza condizioni, donandosi come Cristo "fino alla fine". "E' morto per noi. E' morto un santo” ebbe a dire l'indimenticabile vescovo Carlo Manziana. Tu, caro d. Paolo, tutte queste realtà le hai esplorate e "ordinate" e oggi la Chiesa ne fa un canto al suo Signore. Proprio a questo canto lascia che si unisca anche la mia tenue voce, per fare coro, con te, con il vescovo Maurizio, insieme al Card: Prefetto Angelo Amato, ai Concelebranti, vescovi, presbiteri, cappellani, alle esperienze associative care a Teresio e a tutto il popolo santo di Dio. Nella comunione dello Spirito Santo che rende "sempre giovane" la Chiesa, con un forte abbraccio sentimi vicino a questo stupendo evento di grazia. E anche un grazie per la testimonianza su Teresio Olivelli che sei venuto a dare a Rieti, per la festa di s. Barbara. + Lorenzo Chiarinelli, vesc. emer, di Viterbo.
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