Dall’Italia: Se ne va davvero |
|
|
|
Venerdì 05 Marzo 2021 17:49 |
Zingaretti annuncia le sue dimissioni da segretario del PD: le formalizzerà in Assemblea, dove gode di una larga maggioranza. Una decisione ‘vera’, per quanto sofferta, o una pantomima per farsi rieleggere, a furore dai delegati, e bruciare così tutti gli avversari interni? In politica i colpi di scena sono sempre possibili, anche la la vicenda delle sue dimissioni ha sollevato un tale vespaio di polemiche che difficilmente potranno essere assorbite con un colpo di furbizia. Zingaretti si metterebbe nella
posizione, assai comoda, di fare ‘il Cincinnato’, cioè quello che ‘finge’ di ritirarsi dall’agone pubblico e politico ma solo in attesa di essere richiamato a furor di popolo? E poi, magari a ottobre, candidarsi a sindaco di Roma? Il fatto certo è che di fronte al logorio interno, il segretario avrebbe deciso di dire basta e di rompere un assedio ingeneroso e uscire da una morsa divenuta insopportabile. “Ora tutti sono messi davanti alle loro responsabilità”, sarebbe stato questo il suo ragionamento. Ma “Nicola non ne vuole più sapere” dicono i suoi. Il ministro alla Cultura, Dario Franceschini, non proprio uno "zingarettiano", afferma allarmato: “Abbiamo sulle spalle non solo il destino del PD, ma una responsabilità più grande nei confronti di un Paese in piena pandemia. Il gesto di Nicola Zingaretti impone a tutti di accantonare ogni conflittualità interna, ricomponendo una unità vera del partito attorno alla sua guida”. Restano, invece, in silenzio le due correnti di opposizioni, Base Riformista e Giovani Turchi, tra le più critiche in questi giorni di polemiche su governo e alleanze. Ma gli obiettivi di Zingaretti e delle sue dimissioni che, dentro la minoranza, vengono giudicate nel migliore dei casi da “irresponsabile” e, nel peggiore, da “giocatore di poker”, potrebbero essere tanti e diversi. In effetti, sono proprio il disorientamento e l’incredulità i sentimenti che predominano all’interno del partito e degli stessi che sono considerati i ‘nemici pubblici numero uno’ del segretario formalmente ancora in carica, ma di fatto dimissionario. Le reazioni delle tante anime del partito sono fredde, gelide, condite solo da tanta diplomazia e si limitano a dire che “durante una pandemia, il Capitano non scappa col pallone, non scende dalla nave, ma la guida tra i marosi, la barca, e la salva”. Parole che, però, nascondono disappunto, se non fastidio. Nè risolvono il problema, che sta implodendo. Al momento, l'unica cosa certa è che con le dimissioni di Zingaretti termina anche la gestione unitaria e nel PD potrebbe aprirsi una fase di tutti contro tutti dagli esiti davvero imprevedibili. Se la ‘mossa’ di Zingaretti è stata, dunque, una mossa da abile, o da pessimo, giocatore di poker, lo si scoprirà presto. E anche molto, molto presto. |