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Home Gazzetta dj Comunicati Senigallia: Arrivato il tempo di "Avvenire"
Senigallia: Arrivato il tempo di "Avvenire" PDF Stampa E-mail
Mercoledì 17 Marzo 2021 23:01
Senigallia: Arrivato il tempo di Dal nostro lettore Franco Porcellidi Senigallia riceviamo il seguente comunicato: "A quanti interessati alle cose socio-politiche. Gentili lettori, in allegato trovate uno stralcio da 'Avvenire' di domenica scorsa, 14 marzo, che riporta un po' di discorsi ultimamente apertisi sul mondo socio-politico inteso come delicato e speciale servizio alla comunità. Da questo profilo il ns. quotidiano è sempre più prezioso e val la pena seguirlo da vicino. Per quanto riguarda me, a suo tempo promotore del rassemblamento "Pierluigi Bersani-Enrico Letta" (che si rifaceva agli indimenticabili Nino Andreatta e Roberto Ruffilli) e prima ancora impegnato nella DC e nella GIAC, non posso tacere che i tempi 'nuovi' - come direbbe un altro ns. Grande punto di riferimento: Giorgio La Pira - ci incalzano e ci chiedono un ritorno all'impegno, cioè a sporcarci ancora le mani per guadagnare qualcosa alla comunità. Nella prima parte dell'allegato trovate il resoconto di quanto Giuseppe De Mita, il nipote di Ciriaco, va facendo insieme ad altri per rispolverare i 'ferri vecchi' ma ancora efficienti. Chissà che Giuseppe più in là non trovi il tempo per fare un saltino a Senigallia! Nella secondo parte dello stesso allegato trovate le considerazioni del caro amico on. Ernesto Preziosi, un autorevole interlocutore nel nostro panorama regionale e non solo. Quest'ultimo, più volte presente a Palazzo Mastai, è sempre il benvenuto qui dalle nostre parti! A presto risentirci probabilmente con qualche nota più operativa ((Covid permettendo), un cordialissimo saluto Franco Porcelli.

Avvenire Domenica 14 marzo 2021 Alle pagine 10 e 11

INIZIATIVA PROMOSSA DA MARIO MAURO, GIUSEPPE DE MITA E LORENZO DELLAI. GLI INTERVENTI DI ZAMAGNI, FOLLINI, OLIVERO E BONANNI.

I popolari gettano la Rete e progettano un nuovo inizio

Una «rete» di popolari che cerca un nuovo inizio nella fase drammatica che vive il Paese e che diventa una sfida ineludibile. Quattro ore di confronto, 49 interventi, ieri mattina, nel confronto trasmesso in diretta Youtube e sul canale "Popolari in rete". A promuoverlo tanti esponenti politici impegnati su diversi fronti, che si sono detti disposti a convergere. Fra questi l’ex ministro della Difesa Mario Mauro, presidente dei Popolari per l'Italia; Giuseppe De Mita, ex deputato, promotore de "L’Italia è popolare" e Lorenzo Dellai, ex deputato di Scelta Civica, in precedenza presidente di una giunta centrista alla guida della Provincia autonoma di Trento, terra di Alcide De Gasperi. Fra gli interventi da registrare quelli di Andrea Olivero, ex presidente delle Acli ed ex viceministro alle Politiche agricole; dell'ex vicepremier ed ex leader dell'Udc Marco Follini; dell'ex  segretario della Cisl Raffaele Bonanni e di Stefano Zamagni, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, e fra i promotori di "Insieme", il nuovo partito di ispirazione cattolica varato a inizio ottobre. Si mostra «fiducioso», Zamagni, nella riuscita dell’operazione perché, sostiene, ve ne bisogno in questa fase storica». E tuttavia, sostiene, questa Rete non dovrebbe configurarsi in una federazione, che comporterebbe fatalmente contrapposizioni, ma arrivare a una sintesi. «Dobbiamo riproporre il vero popolarismo, rifuggendo da autorerefenzialità e settarismi - propone Dellai, teorico della Rete - collegandoci alle esperienze del territorio». In realtà, al di là dei volti noti e dei tanti "ex" di qualcosa, quel che colpisce sono proprio i tanti giovani e amministratori intervenuti. A partire dal moderatore, Francesco Fonte, espressione di un gruppo di Popolari messo in piedi a Moncalieri e dirigente nazionale dei Giovani popolari, molto attivi sui social. Significativo anche l’intervento dello spagnolo, dal cognome italianissimo, Carlo Angrisano, responsabile degli studenti del Ppe, insieme a Francesco Sismondini e Virgilio Falco, quest'ultimo anche presidente dell'associazione studentesca StudiCentro. Tanti sindaci amministratori, rappresentanti di liste civiche e studenti, a dimostrazione di un interesse diffuso. «Non è un raduno della memoria, il nostro, ma una voglia comune di sperimentare sul campo un metodo originato dall’attualità del pensiero popolare", sintetizza Mario Mauro. «Da tutti è venuta la disponibilità, mi ci metto anch'io – rimarca l’ex ministro - a rinunciare un po’di quel che rappresentiamo, per mettere in piedi insieme qualcosa di più grande». Uno spirito costruttivo, in parte autocritico, evocato anche da Olivero, che invita a mettere da parte il linguaggio semplicistico e gli slogan, che hanno allontanato anche tanti cattolici dalle urne, per privilegiare - auspica l'ex viceministro - uno stile concreto che miri a risolvere i problemi che la gente vive». D'altronde è proprio questa la caratteristica che ha fatto la storia dell'impegno politico dei cattolici, un approccio poco ideologico, in cui il bene comune e il benessere del popolo, siano gli obiettivi da perseguire. «Il populismo sta finendo - rimarca Follini - e questo spinge ora noi popolari a evitare particolarismi, per scrivere una pagina nuova di cui si sente il bisogno», in una fase politica che vede vorticosamente cambiare tutto lo scenario. «È il momento propizio per dare forza alla nostra cultura», concorda Bonanni, che propone un documento «snello e chiaro», per mettere nero su
bianco le comuni priorità. Non c'è la pretesa di uscire da un confronto del genere con la soluzione in tasca, ma sono tante le realtà che mostrano interesse, fra queste anche un gruppo di amministratori del Salento, terra di Aldo Moro, guidato da
Giuseppe Negro. «Siamo diversi, ma abbiamo in comune il dovere di metterci al servizio di una comunità che attende da noi risposte nuove», sottolinea Mauro. "Il popolarismo - sintetizza Giuseppe De Mita - ha assunto una freschezza nuova, nelle testimonianze di tanti che per ragioni anagrafiche neppure lo hanno conosciuto, ma mostrano vivo interesse a scrivere una pagina nuova. Abbiamo scoperto che non siamo soli. E siamo consapevoli - conclude - che non siamo i soli». È l'inizio di un percorso. E ci si è aggiornati per un nuovo raduno fra un mese per capire, con lo stesso spirito inclusivo, dove potrà portare.

«Il cattolicesimo democratico è essenziale, il partito non diventi agnostico»

Ernesto Preziosi / siciliani

«Dopo il governo Draghi ci troveremo in una nuova fase politica, il Pd prenda consapevolezza della distanza che lo separa da chi attende uno spazio di cultura riformista»

ERNESTO PREZIOSI

L’avvio del governo Draghi segna un passaggio nella politica e tra i partiti. Con ogni probabilità al termine di questa esperienza ci troveremo in una nuova fase politica, un po’ come avvenne dopo il governo Ciampi. Viviamo una lunga crisi di sistema che chiede di intervenire in profondità: è un problema di visione culturale prima che politica. Ma le degenerazioni delle forme partitiche, l’avvitamento intorno a singoli leader, il dissolversi di una presenza territoriale in grado di coinvolgere i cittadini e, non ultima, la difficoltà di ricorrere, con delle giuste mediazioni, all’utilizzo degli strumenti digitali per favorire la partecipazione e la stessa espressione della volontà popolare, pongono con forza l’urgenza del problema. Draghi farà sicuramente bene, dobbiamo augurarcelo. Ma i mesi che abbiamo davanti, mentre il governo farà le scelte necessarie e con la dovuta rapidità si dedicherà ad investimenti e riforme, vanno utilizzati al meglio. Si dovrebbe aprire un grande cantiere, una fase costituente. Il tempo che ci separa dalle prossime elezioni politiche offre una opportunità alla politica e ai partiti per ripensarsi. Vi è quindi un compito che riguarda, in maniera diversa, tutti i partiti ma in particolare i soggetti che intendono candidarsi come interpreti di un riformismo capace di misurarsi con il cambiamento sociale, culturale, tecnologico, senza smarrire le radici ideali. Tra i soggetti investiti di questa responsabilità vi è senz'altro il Pd, a maggior motivo dopo le dimissioni del segretario. Non so se basti un’assemblea, un congresso o altro, so che serve aprire un confronto, elaborare un pensiero, riprendere quel progetto iniziale che aveva dignità culturale e si poneva di fronte alla società offrendo una proposta plurale in cui trovava posto anche una cultura cattolico democratica. È ancora possibile? Oppure la crisi di identità si manifesta anche in un agnosticismo pratico con cui non è possibile dialogare? Ci si rende conto dei tanti che oggi manifestano delusione e dello iato che si è creato fra le attese di uno spazio di cultura riformista e le dinamiche interne con cui, da un lato, si è puntato tutto sul singolo leader e, dall’altro, si è diviso il partito in una molteplicità di correnti senza anima politica? La dichiarata e generosa disponibilità di Enrico Letta alla segreteria offre, in prospettiva, un valido sostegno alla stabilità del governo Draghi e una garanzia che l’esecutivo non finisca per scivolare sul versante destro dell'anomala maggioranza. Allo stesso tempo apre una possibile via d’uscita alla crisi interna che si trascina da tempo. Letta ha dichiarato che chiederà al partito una discussione franca nella ricerca di una "verità" più che di una soluzione fittiziamente unitaria. L’ascolto andrà allargato alle tante realtà presenti sul territorio, alle molte esperienze locali di buona politica. La sintesi da tentare non può esaurirsi in un equilibrio tra correnti vuote di contenuti. La sfida oggi si gioca nella visione di una soggettività politica europea. Non sarà compito facile ed è bene sapere che non saranno possibili altri tentativi. Quella che si apre oggi può essere la fase che, in definitiva, o sancisce il fallimento del progetto oppure segna il punto da cui avviare un processo che aspiri a dare all’Italia un partito compiutamente europeo e dunque capace di parlare al Paese e del Paese.

Presidente Argomenti 2000,
ex deputato del Pd

 

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