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Marche: Costituente regionale di Libertà e Autonomia-Noi Centro PDF Stampa E-mail
Sabato 15 Ottobre 2011 20:20

Costituente regionale di Libertà e Autonomia-Noi CentroDi seguito, l'intervento di Alfio Bassotti alla Costituente regionale di Libertà e Autonomia Noi Centro, del quale avevamo dato notizia nei giorni scorsi: "Cari amici, dall’incontro che abbiamo avuto nell’ottobre del 2010 in cui annunciavo la volontà degli amici di Europa III Millennio di concorrere a dar vita ad un movimento politico federalista che si sarebbe chiamato “Autonomia e Libertà NOI CENTRO”, federato oggi con “Autonomia e Libertà NOI SUD” e domani speriamo con “Autonomia e Libertà NOI NORD” non è trascorso un anno ed oggi siamo qui per dare vita all’assemblea Costituente di “Autonomia e Libertà NOI CENTRO”. Vedete, quando si vuole creare una presenza che abbia la pretesa di rappresentare una vera novità nel quadro politico attuale credo che sia giusta una premessa che sia di contorno alle ragioni dell’iniziativa: e la premessa è quella di richiamarci ad un sintetico ricordo della nostra provenienza e delle nostre radici storiche e culturali. Questa nostra repubblica ha 65 anni di vita ed ha vissuto, tra il 1946 ed il 1989 (data caratterizzata dalla caduta del muro di Berlino) una stagione di radicale trasformazione, sviluppo ed emancipazione: da paese essenzialmente agricolo (il 75% della popolazione era dedita all’agricoltura) si è trasformato nella sesta potenza industriale del mondo: e lo ha fatto, privo di materie prime, risorgendo dalle macerie di una guerra mondiale che aveva distrutto tutte le nostre infrastrutture primarie e secondarie ed aveva fiaccato lo spirito di un popolo ridotto alla fame, segnato da lutti e sofferenze indicibili. Furono anni di frontiera, ove uno statista deciso ed illuminato quale fu Alcide De Gasperi guidò negli anni del primo dopoguerra (sino al 1954) il paese che grazie all’apporto della coalizione formata dai democratici cristiani, liberali, repubblicani e socialdemocratici affrontò la imponente opera di ricostruzione materiale e istituzionale, La coalizione di governo che dal 1963 si rafforzò poi con il concorso anche dei socialisti, accompagnò in democrazia, in libertà e in pace, il cammino della nazione italiana guidandola sulla via delle scelte fondamentali: scelte tutte caratterizzate da grandi valori quali la difesa intransigente della personalità umana, il pluralismo, la partecipazione, la solidarietà che inevitabilmente sostanziarono tutte le scelte: sia quelle interne del riformismo politico istituzionale, così come quelle internazionali incardinate sulla scelta occidentale, sull’alleanza atlantica ed sulla scelta europeista. Erano gli anni della guerra fredda, dell’impegno per battere democraticamente, elezione dopo elezione, la forte presenza politica dei comunisti; era l’epoca in cui si è dovuto resistere e battere l’attacco portato al cuore dello stato democratico dal terrorismo che ha visto nelle brigate rosse l’espressione più violenta e pericolosa e che ha registrato nell’assassinio di Aldo Moro il momento più difficile di tenuta democratica del paese: vi assicuro cari amici che tra il susseguirsi di minacce telefoniche nessuno di noi, che aveva responsabilità politiche ed amministrative di un certo livello, sapeva, quando usciva di casa, se vi sarebbe ritornato incolume alla sera. E quando nel 1989 la storia sembrava metter il sigillo sulla validità della nostra battaglia certificandone la validità con la debacle del comunismo in tutta l’area dell’Europa dell’est, è avvenuto che, sotto le macerie del Muro di Berlino, crollava anche la nostra idea di una Europa solidale, crollava la nostra idea dell’Europa dei popoli e crollava, nel nostro paese, sotto i colpi della magistratura giustizialista di sinistra, anche tutta la classe dirigente dei partiti di governo che venivano sostanzialmente cancellata dal panorama politico italiano. Un atteggiamento, quello assunto allora da larga parte della magistratura, che aveva come obbiettivo quello di arrogarsi il diritto di svolgere una funzione sostitutiva dei legittimi rappresentanti del popolo eletto democraticamente: un atteggiamento, per la verità che non è terminato con la stagione di mani pulite ma che ha continuato e continua imperterrito a colpire esponenti politici del centro destra e ad annacquare le inchieste che sfiorano responsabili del centro sinistra: tanto per capirci c’è qualcuno può spiegarmi perché Forlani, e con lui una miriade di esponenti DC, fu condannato sulla base del teorema che “non poteva non sapere” ed oggi , basti pensare al caso PENATI “capo della Segreteria di BERSANI”, ma nessun magistrato si sogna di applicare verso il segretario dei DS il teorema che “non poteva non sapere” invece così diligentemente applicato a FORLANI e a tutti i dirigenti DC del tempo? Bene amici, mi potreste obbiettare: perché ci hai appioppato questo breve excursus storico. A che pro? Perché credo sia utile far memoria della vicenda politica del paese nella cosiddetta prima repubblica, proprio per cercare di capire chi eravamo e per ricordare da dove veniamo. Credo che non sfugga alla vostra intelligenza che immaginare di analizzare un presente per costruire un futuro senza tener conto del passato sarebbe semplicemente una utopia. D’altronde, è impensabile che una analisi o una proposta politica avanzata da chicchessia possa prescindere dalla sua personale esperienza: e per quanto mi riguarda, a ben riflettere, i 50 anni di testimonianza in politica che hanno assorbito una così larga parte della mia esistenza sono stati tutt’altro che rose e fiori: essi furono, così abbondantemente lastricati da tali e tante amarezze, da tali e tante delusioni da indurmi ripetutamente a ponderare se non fosse opportuno abbandonare un così aspro e quotidiano confronto che spesso sembrava esaltare solo l’inutilità del proprio impegno. Questo sconforto veniva solitamente superato dalla ricchezza di contenuti e dalle speranze che scaturivano dal costante contatto e confronto che avevo la fortuna di avere quotidianamente con gli elettori, con gli amministratori, con le rappresentanze sociali. Contatto e confronto a cui dedicavo la maggior parte del mio tempo nel tentativo di corrispondere alle loro richieste di solidarietà e di giustizia (altro che sottogoverno) ed a cui ho voluto, giorno dopo giorno, dare sempre continuità, commettendo quel peccato di presunzione proprio dei politici: la presunzione di essere utili. Sottolineo, qui oggi, questo aspetto della mia personale esperienza. perché ero, e sono convinto, che, per avere la presunzione di dettare le regole del convivere civile e dello sviluppo della nostra comunità regionale, è necessario avere costantemente coscienza, degli umori, dei sentimenti e delle aspirazioni della nostra gente. Purtroppo, non è più cosi: gli incontri, oltre che molto sporadici, sono anche perfettamente inutili perché finalizzati non ad ascoltare la gente, ma semplicemente ad assicurare la passerella di tutti gli eletti che si preoccupano non tanto di far parlare i cittadini, quanto a marcarsi esclusivamente tra di loro. E non si accorgono questi signori, che così operando, arrecano un danno fatale al concetto ed alla sostanza della democrazia rappresentativa: democrazia che si esalta a condizione che i partiti siano realmente cinghia di trasmissione tra le istanze popolari e le loro rappresentanze istituzionali chiamate a soddisfarle attraverso una puntuale azione di governo ai vari livelli. No, questo i nostri amici non lo capiscono proprio! se ne stanno tutti lì, in fila, sul tavolo della presidenza, in attesa di dire due parole di circostanza, per poi fare a gara a lasciare subito l’incontro adducendo importanti indifferibili ulteriori personali impegni! E’ ormai questo un vetusto rito consumato con un cinismo ed attuato con una costanza degna di ben altre motivazioni. È, cioè, definitivamente scomparsa anche l’educazione ad ascoltare, come sarebbe giusto ed opportuno, non solo le esternazioni dei colleghi, ma soprattutto le cose che gli iscritti, i simpatizzanti, i presenti almeno quando, cosa del tutto rara ed improbabile, è consentito loro di farlo. La verità è che oggi la cosiddetta base non ha nessuna possibilità di intervenire per esprimere una propria modesta opinione o manifestare una qualche perplessità. Per dirlo con una espressione, localmente a noi cara, che essa, la base, conta quanto il due di coppe a Briscola. Larga parte della casta degli eletti, faccio riferimento in particolare ai parlamentari, sa che lo stare tra la gente costa fatica e comporta l’assunzione di precise responsabilità: quindi è meglio girare alla larga da una tale problematica. Per loro, infatti, è oggi sufficiente preoccuparsi di essere ossequiosi con la leadership politica di turno che, grazie ad una legge elettorale scellerata che ha abolito il voto di preferenza, sostanzialmente li nomina. Una leadership, per dire la verità fino in fondo, che non si limita solo a questo perché, grazie alle normative interne dei vari statuti di partito improntate tutte ad un forte centralismo, nomina a cascata anche i vari coordinatori o segretari regionali e quelli provinciali: costoro poi a loro volta nominano i coordinatori o segretari comunali. Tutto ciò è la logica conseguenza del fatto che di congressi reali, degni di questo nome, in tutti questi anni sostanzialmente non si trova traccia. E non mi si dica che i rarissimi congressi comunali eventualmente svolti dal centro destra erano degni di questo nome visto che, garantendo agli eletti una rappresentanza così esagerata rispetto a quella espressa dagli iscritti, ogni tentativo di contestazione alla linea politica degli eletti diveniva del tutto velleitaria. Nè migliori ci sono apparsi i congressi dei partiti di sinistra la cui celebrazione assumeva l’aspetto di un rito dovuto, stanco ed obsoleto, che si sostanziava nella semplice passerella dei vari capi popolo e con un risultato finale ampiamente scontato perché già largamente previsto. Stando così le cose, Voi capite il perchè la politica sia scaduta ad un livello di mediocrità tale da rischiare il rigetto da tanta parte di un elettorato che per protesta si rifiuta di andare a votare. Lo dimostra il fatto che il primo partito italiano è oggi quello degli astenuti che ormai sfiora la percentuale del 40% Ed a questo fenomeno si aggiunge, purtroppo, anche il qualunquismo che assale tanti elettori talmente esasperati da indurli a dare il loro consenso a Grillo o a Di Pietro o alla sinistra extraparlamentare. Ed è per recuperare all’impegno ed alla partecipazione politica anche questo elettorato, così stanco e deluso, che abbiamo inteso offrire loro una sponda con la creazione del nostro movimento politico. D’altronde a me pare che sui tanti aspetti negativi che le forze politiche hanno sottovalutato o, peggio ancora, hanno contribuito a creare, non si può più ne sorvolare e tantomeno scherzare; non si può più, cioè, essere caritatevoli o perbenisti: il farlo ci renderebbe complici della creazione di un sistema che sta mettendo a rischio il concetto stesso di partecipazione democratica e mina nel contempo l’esercizio di quei spazi di libertà che sono stati per tanti di noi gli elementi portanti di una lunga personale e comunitaria testimonianza politica. Una coerenza che, dal dopo guerra ad oggi, è stata onorata da milioni di cittadini: se mi guardo indietro scorgo i volti di tanti amministratori, di tanti sindaci, gente umile (mezzadri, coltivatori, diretti, operai, artigiani) o gente, si fa per dire, più emancipata (insegnati, liberi professionisti, industriali) che hanno testimoniato con coraggio ed abnegazione il loro impegno civile lungo la strada della ricostruzione e del riscatto sociale: un percorso lastricato da tante delusioni e poche soddisfazioni, da rare gioie e da molte illusioni. E le loro tante esperienze, troncate da umiliazioni terribili come il carcere od accuse infamanti, hanno marcato questi poveri Cristi per decenni prima che potessero dimostrare la loro assoluta estraneità ai fatti loro contestati. Ebbene, ricordando tali esperienze, indipendentemente dall’appartenenza politica dei protagonisti, qualunque fosse il giudizio sulla validità del loro operare, vi era un denominatore comune che li accumunava tutti: la loro capacità di ascolto, lo sforzo di stare tra la gente ed il desiderio di contribuire a realizzare le aspirazioni dei propri cittadini. E chi, come me, ha vissuto tutta intera quella stagione ed è grato a Dio per esserne sopravvissuto, ha il dovere di denunciare il degrado che oggi caratterizza la politica nel nostro paese: ha il dovere di denunciarne le aberrazioni ed ha il dovere di indicare possibili soluzioni. Occorre farlo, cari amici, per rendere omaggio a tutti coloro che hanno sempre ritenuto la politica un impegno alto e nobile e non quella bagascia che molti, visto come vanno le cose oggi, credono sia. No, amici, per me e per Voi la politica non è cinismo, la politica non è mestiere, la politica non è potere personale! No! No! la politica è uno slancio dell’animo, la politica è servizio, la politica è etica, la politica è un complesso di ideali e di valori: la politica è la sfida più alta e più nobile in cui può cimentarsi ogni cittadino che lo desideri! Ed è questa la concezione della politica a cui noi vogliamo e dobbiamo ispirarci. Vedete c’è anche chi, in modo superficiale, presuntuoso ed arrogante, ha inteso liquidare l’esperienza della prima repubblica come una fase negativa della nostra storia: questi signori sono dei saccenti che farebbero bene non solo a non impegnarsi in politica, ma stare alla larga dalla politica perché negando la realtà storica sono chiaramente in malafede. Credo che tutti voi possiate comprendere il disgusto che provo, e sono sicuro di non essere il solo, nel constatare che vi sono ancora forze politiche, come Rifondazione comunista, o la sinistra radicale che tutti i santi giorni elargiscono lezioni di coerenza e di etica anche a chi tutta la sua militanza politica l’ha dedicata esclusivamente a battere la loro ideologia marxista oggi fuori dalla realtà e dalla storia. E’ per me un assurdo il constatare che, in nome di una specie di sacralità del termine di sinistra dietro il quale si nasconde la sopravvivenza cinica di una accozzaglia di fantasmi politici del passato, ancor oggi sono tanti coloro che si attardano a parlare di classismo, di marxismo, di massimalismo e non si accorgono, invece, che la realtà dell’oggi impone ben altre riflessioni e ben altre problematiche. E mi meraviglia questo mondo culturale, questa cosiddetta intellighentia nostrana i cui i protagonisti tendono a omologarsi assolutamente come militanti di sinistra: ma dove sta scritto che esiste l’equazione cultura uguale a sinistra: Sarebbe come dire che un liberale come Benedetto Croce non sia stato un uomo di cultura semplicemente perché non stava a sinistra. Etichette senza senso che mi lasciano di stucco perché così largamente presenti anche nel mondo ecclesiale. In proposito vorrei dire sottovoce, ripetendomi per averlo già affermato in più occasioni, che, almeno per chi dice di essere cattolico, Cristo non può essere strumentalizzato né dalla destra né dalla sinistra. Egli non può essere tirato per la giacchetta da destra o da sinistra: non può esserlo per il semplice fatto che Cristo è venuto nel mondo e si è fatto uomo, rivestendosi quindi della nostra umanità, tutt’altro che per porsi a destra o a sinistra; Egli è venuto nel mondo esclusivamente per riscattare l’uomo testimoniando la verità: e così facendo non si è posto nè a destra nè a sinistra ma si è semplicemente collocato al centro della storia e della nostra vicenda umana. Spesso si vuole presentare ed omologare come una conquista la visione di un mondo che tende, sull’altare di una globalizzazione piatta, generalizzata e perciò massificante, a spazzare via ogni individualità ed ogni aspirazione dei singoli a perseguire vie originali finalizzate alla difesa ed alla crescita della persona umana. Occorre, quindi, svegliarci e prendere atto senza infingimenti che ci troviamo a fare i conti con una globalizzazione che rischia di conformare tutti e ciascuno in un grigiore ed in un appiattimento che spersonalizza il cittadino rendendolo un semplice spettatore dell’incedere della vita sociale e della storia. Ed è proprio questo livellamento che occorre contrastare perché, così come ogni uomo è un unicum con proprie caratteristiche intellettuali ed umane che non possono essere ridotte ad una standardizzazione sociale, anche le società civili locali, regionali e nazionali sono spesso un unicum che non possono continuare ad appiattirsi sacrificandole sull’altare di necessità politiche o di mercato dettate magari dall’esigenza del doversi realizzare, sempre e comunque, economie di scala. Dobbiamo anche reagire al fatto che la società civile, influenzata dall’azione quotidiana della pluralità dei mass media, tende sempre più ad omologare l’esaltazione di ogni espressione di egoismo e di edonismo: una esaltazione che affonda le proprie radici in un neo capitalismo rampante tutto teso a realizzare il perseguimento cinico e brutale del massimo risultato economico possibile e, perciò, del tutto indifferente al costo sociale, spesso così terribile e devastante, che gli altri debbono pagare. E gli altri, cari amici, non sono un entità indefinibile perché gli altri siamo noi, gli altri sono in particolare i più deboli, gli altri sono i giovani a cui si toglie la speranza di un futuro che li veda protagonisti del proprio destino. Ma è questo, sul serio, lo scenario che vogliamo consegnare alle nuove generazioni? A quei giovani, di cui tutti parlano e sparlano a loro piacimento: giovani ai quali in questi anni abbiamo indicato come esempi a cui conformarsi in modo prevalente i calciatori, gli artisti, i professionisti di rango, gli uomini dell’alta finanza e così via, facendo balenare nelle loro menti una esistenza di facili successi e lauti guadagni per poi lasciarli soli nel mare delle delusioni più terribili a cui cercano scampo o cadendo in depressione o rifugiandosi nei paradisi artificiali della droga. E’ una cosa terribile quella che stiamo facendo ai nostri figli, a questi cavalieri dell’impossibile, così pieni di ideali, di sogni, di speranze, a cui invece di insegnare l’assoluta sacralità della vita abbiamo indicato modelli inconcludenti e trasgressivi. Occorre riprendere un feeling con le nuove generazione indirizzandoli sulla via dell’impegno sociale, creando spazi e condizioni perché ciò sia possibile. Essi rappresentano la nostra umana speranza in un futuro migliore ed hanno perciò il diritto a partecipare sempre più direttamente e incisivamente alla sua costruzione rivendicando, perché no!, anche il loro diritto di sbagliare. Sua Santità, Benedetto XVI, al raduno mondiale della gioventù in terra di Spagna, ha affermato che una società civile che non consenta ai giovani di superare l’assenza o la precarietà del lavoro è non solo una società profondamente ingiusta ma è anche una società senza speranza … ed ha aggiunto testualmente: “Dobbiamo sforzarci di pensare che il domani è anche l’oggi. Se i giovani di oggi non trovano prospettive nella loro vita, anche il nostro oggi è sbagliato.” E che dire dei problemi degli anziani? Possibile che non ci si accorge che il 40% della nostra popolazione è ormai ultrasessantenne e che il problema della terza età è un problema centrale e prioritario della comunità nazionale? Possibile che, facciamo finta di non accorgerci dell’indigenza in cui versano gli anziani quando debbono sopravvivere con una pensione minima, ma soprattutto la solitudine che provano, quella solitudine che è la calamità, il vero male della terza età e che scatta soprattutto quando vengono meno le forze fisiche e non si può essere più utili nè ai nipoti nè alla propria cerchia familiare ed anzi ci si rende conto essere diventati un peso per gli altri e si avverte essere venuta meno quella solidarietà umana e cristiana propria dell’appartenenza familiare. Ricordiamoci sempre quanto è dura per l’anziano sentirsi ed essere considerato tale pur avendo un cervello ed un cuore giovane. Drammi, dunque, della condizione della terza età a cui vanno date risposte compiute attraverso una valorizzazione dell’ esperienza dell’anziano, della sua utilizzazione sociale, e prevedendone la sistemazione, quando le condizioni psicofisiche lo impongono, in case alloggio per anziani degne di questo nome. Una riflessione ed una sottolineatura nel nostro dire va riservata ai partiti nazionali che, così come sono configurati ed avendo perso il contatto con la gente, rappresentano ormai delle organizzazioni più virtuali che reali. I partiti oggi sono delle realtà centralistiche in cui l’esigenza di propaganda e di proselitismo la fa da padrona cosicché ciò che è importante è l’apparire e non l’essere. Divengono, perciò, elementi prioritari della loro vita le conferenze stampa, le dichiarazioni, le interviste, i passaggi radio televisivi, l’uso di internet. Perciò, l’intervenire, il colloquiare, e l’operare sul territorio a tu per tu con gli iscritti, con gli elettori, con i cittadini, con le categorie vengono ormai considerati semplicemente un optional, cosicché tutto ciò rappresenta al massimo una attività del tutto secondaria da evitare per la fatica che comporta e per gli impegni che inevitabilmente implica. Ma che partecipazione è quella in cui un cittadino, per esprimere una sua proposta o per presentare un una sua legittima istanza, è costretto ad affidarsi ad una mail, o ad una missiva che solitamente vengono tranquillamente disattese senza riscontro alcuno e perciò senza risposte nè formali e nè concrete! Ma che partecipazione è quella in cui al cittadino viene negata la possibilità di confrontarsi direttamente con il suo interlocutore politico guardandolo diritto negli occhi quando gli illustra le ragioni della sua proposta o della sua richiesta. Ma che partecipazione è quella che ti porta a dover registrare la nomina a parlamentare di un candidato senza averlo mai potuto incontrare almeno per stringergli la mano e senza avere la possibilità di concorrere alla sua scelta attraverso il voto di preferenza. Ma che partecipazione è quella che vede i partiti sempre più restii a fare assemblee pubbliche, a dialogare con la parti vive della società civile: il mondo sindacale, quello del volontariato, quello delle categorie produttive, quello delle libere professioni, il mondo della cultura, dello sport, del tempo libero e così via. Ma di quale partecipazione si parla se ad ogni iniziativa che nasce e si sviluppa sul territorio invece di valutarne la validità ed il contributo che potrebbe dare allo sviluppo della comunità locale, si contrappone immediatamente un sospettoso timore che possa inquinare gli equilibri politici in atto: cosicché si tenta immediatamente di controllarla ed integrarla nel contesto politico predominante in applicazione di quel becero sistema di centralismo democratico di vetusta memoria ma tutt’ora diligentemente applicato in particolare dalle amministrazioni di sinistra. Libertà, cari amici, è una delle parole scritta sul nostro simbolo: tutti, in ogni tempo e in ogni luogo, parlano e sparlano della libertà. C’è chi la scambia per un liberismo economico sfrenato ove la logica è una sola e spietata: quella del massimo profitto comunque ed a ogni costo. C’è chi la interpreta come massima espressione del proprio edonismo e del proprio tornaconto in nome dei quali è possibile e legittimo fare tutto ed il contrario di tutto. Ce chi sull’altare di un illimitato liberismo sociale la invoca per costruire processi che mettono a rischio anche il concetto stesso della sacralità della vita e perciò portano avanti battaglie, le più sfrenate, in favore della liberalizzazione dell’uso delle droghe, della totale liberalizzazione dell’aborto, dell’introduzione dell’eutanasia nel nostro sistema giuridico. La libertà, cari amici, è invece semplicemente la nostra totale adesione alla verità. Ed essere liberi, perciò, non è facile!!. Non è facile specialmente in politica dove la nobiltà della mediazione è indispensabile per attestarsi, da un lato, al più alto livello possibile della difesa delle nostre convinzioni e, dall’atro per impegnarsi anche a non mortificare le altrui ragioni. Vi sono, però, principi etici che per la loro natura e per il ruolo fondamentale che svolgono nella vita sociale non sono “negoziabili” in quanto mettono in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. Penso, in proposito alla difesa della integrità della famiglia così come indicata dal diritto naturale e dalla norma costituzionale; penso alla tutela sociale dei minori; penso alla libertà religiosa; penso alla sacralità della vita oggi minacciata anche da sfrenate e pericolose nuove frontiere nel settore della bioetica; penso ai valori della solidarietà, a quelli del pluralismo e della partecipazione; penso, infine, al valore della pace, intesa come "frutto della giustizia ed effetto della carità”, intesa come rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo e la cui difesa richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha responsabilità politiche: questi principi, amici miei, vanno testimoniati sempre e comunque poiché il loro insieme rappresenta il cardine di una democrazia matura e di una libertà concreta. Ed è soprattutto in difesa della libertà che dobbiamo scendere in campo. Autonomia è un’altra parola che sta scritta sul nostro simbolo: l’autonomia, che è innanzitutto sinonimo di partecipazione, dà un significato concreto alla libertà ed alla dignità del cittadino e la si realizza nella misura in cui si riesce ad avvicinare le istituzioni democratiche alle istanze dei singoli e della collettività: vale la pena, in proposito rimarcare che, proprio per realizzarla e testimoniarla, a partire da Don Sturzo, tanti di noi hanno trovato la spinta e la forza di impegnarsi in politica. Oggi, questa esigenza viene esaltata, ancor di più del passato, in vista della imminente applicazione del federalismo fiscale e della annunciata creazione del senato o della camera delle regioni che dir si voglia. D’altronde, credo sia solare l’esigenza di ravvivare nel paese la partecipazione democratica provocando e suscitando l’interesse nella politica in coloro che oggi hanno dato vita, come precedentemente accennato, al più grande partito nazionale che è quello formato dal fronte degli astensionisti: un fronte costituito da tutti coloro che non sentendosi più rappresentati dai partiti tradizionali, o ritenendosi traditi dalla loro scarsa sensibilità o, peggio ancora disgustati dalla inefficienza delle istituzioni repubblicane, non si recano più alle urne! Ed è stata una fortuna per la democrazia del nostro paese il proliferare sul piano locale di liste civiche che, cercando di far proprie le problematiche di questa moltitudine di insoddisfatti, tentano di rappresentarle in occasione delle elezioni comunali, provinciali e regionali. Tutto ciò ci fa intendere, quale sia il potenziale valore aggiunto oggi dato al mondo della politica dalla loro capacità di rappresentare i sentimenti e le aspirazioni delle popolazioni locali. Certamente, il limite delle liste civiche è quello che vede la rappresentanza delle istanze di cui sono portatrici fermarsi inevitabilmente al livello delle istituzioni periferiche perché le stesse, isolate dagli altri contesti, non si trovano evidentemente ulteriori uno sbocchi di rappresentanza. Ed è in riferimento a questo aspetto, indubbiamente limitativo, che la originalità della proposta di NOI CENTRO deve esse colta in tutta la sua portata: infatti, Noi Centro propone alle liste civiche, che vogliono farlo, di aderire con un patto federativo che, nel mentre non snatura la loro configurazione e le loro caratteristiche, garantisce la rappresentanza delle loro istanze anche ai più alti livelli istituzionali. E’ evidente che nel momento in cui una lista civica non si sente più a suo agio o non si sente compiutamente rappresentata, così come liberamente ha aderito altrettanto liberamente può andarsene mantenendo con ciò intatta la sua integrità funzionale e rappresentativa. Un movimento,quindi, che sul piano regionale, provinciale e comunale avrà assoluta autonomia organizzativa e decisionale, senza,cioè, alcuna interferenza circa le alleanze e le candidature. E l’assoluta autonomia vale anche per quanto attiene le candidature nel collegio regionale per le elezioni nazionali. Detto questo, amici miei, so benissimo che tanti di quelli che oggi sono qui ad ascoltarci, sono presenti non tanto e non solo per una legittima curiosità, ma sono qui perché fortemente interessati alla nostra iniziativa: il che mi induce a realisticamente prevedere che le adesioni personali e quelle di liste civiche, associazioni, gruppi sono destinati a moltiplicarsi rapidamente. I prossimi quattro mesi, perciò dovranno servire a radicare il movimento “Libertà e Autonomia NOI CENTRO ” sul territorio per dare vita al coordinamento organizzativo provinciale: da Ascoli a Pesaro, Da Fermo a Macerata, ad Ancona occorrerà organizzare la presenza territoriale in ogni comune, in ogni quartiere, tra le categorie e le associazioni per essere pronti alle sfide elettorali della prossima primavera. Occorrerà, preparare le liste elettorali, raccogliere le firme, e soprattutto definire nel dettaglio la nostra proposta programmatica ai vari livelli e nei vari contesti. Un lavoro impegnativo questo a cui dovranno concorrere tutti gli amici. E’ infatti, è fondamentale non commettete l’errore di affidare questo lavoro semplicemente a delle elite: occorre invece misurarsi con tutte le realtà sociali per poi portare a sintesi quanto proposto, suggerito, consigliato, raccomandato dai cittadini. Dovremo farlo per dare senso e corpo alla partecipazione poiché, a ben riflettere, chi votano sono i cittadini il cui consenso sarà motivato nella misura in cui gli stessi si identificheranno nelle proposte e negli uomini indicati per realizzarle. Quello che stiamo creando è certamente una realtà affascinante, una sfida esaltante che deve consentire a tutti di essere e di sentirsi liberi: lontani dai partiti tradizionali, stimolati da questo nuovo progetto di “noi CENTRO” per dare voce ai cittadini, ai gruppi comunali, alle associazioni, alle liste civiche potendo garantire loro che la base sarà protagonista di se stessa: senza, cioè, avere né tessere, né pletorici organismi dirigenziali di partito ma semplicemente un gruppo di persone che vogliono riappropriarsi della politica intesa come passione civile, come servizio alla comunità, come arte nobile del decidere. Esistono, perciò, tutte le condizioni in idee ed uomini che permettono alla nostra iniziativa di mettere radici profonde e trasformarsi in una grande ed esaltante avventura. In questo anno trascorso nel collaborare alla nascita del movimento, ho potuto apprezzare quanta passione nutrite per l’impegno politico: e debbo confessarvi che il modesto contributo che posso aver dato è motivato non solo e non tanto dal fatto di voler onorare un impegno personale assunto con l’on. VINCENZO SCOTTI in nome di una amicizia che viene da lontano cimentatasi nella comune lunga militanza politica, ma soprattutto perché convinto della novità e della validità del nostro progetto. In questi mesi ho potuto, perciò prendere coscienza di come le motivazioni per una originale e rinnovata militanza politica fossero così largamente e profondamente condivise. Non abbiate, quindi, alcun timore di non farcela perché già da oggi, forti degli ideali e dei valori che vi ispirano e coscienti delle condizioni politiche esistenti, delle energie fisiche intellettuali, progettuali ed organizzative messe in campo, vi sono realisticamente tutte le condizioni per uno scenario in cui la nostra iniziativa prenda corpo, cresca e si affermi. E sono anche convinto che, così operando, potremo concorrere a realizzare quel disegno che vedrà, prima o poi, i tanti soggetti politici che oggi si riconoscono nel Partito Popolare Europeo, trovare la forza e la determinazione necessarie a promuovere la costituente per la costruzione del partito popolare europeo italiano: e questo traguardo, che molti considerano una chimera, io credo, invece potrà essere raggiunto molto prima di quel che si pensi. E quello si che sarà l’alba di un grande giorno che concretizza il sogno per la cui realizzazione tanti hanno combattuto e sofferto. E quando questa direttrice di marcia, viene, di tanto in tanto, inevitabilmente intralciata dalle difficoltà del quotidiano, quando gli avvenimenti sembrano travolgere le nostre speranze ed attese, quando il nostro cammino diviene impervio e difficile, irto di incomprensioni ed asprezze, quando i dubbi , le incertezze e lo scoramento ci assalgono, ricordiamoci sempre che non possiamo mollare perché abbiamo il dovere di concorrere alla difesa di tutti quei valori che esaltano una retta concezione della persona. Non farò aggio sulla vostra cortese attenzione parlando anche delle problematiche nazionali ed internazionali perché credo che questo compito aspetti giustamente all’amico VINCENZO SCOTTI: permettetemi soltanto di dire che, in un momento di emergenza economica internazionale ed in presenza di una consolidata maggioranza in parlamento, chi oggi chiede un vuoto di potere, o attraverso le dimissioni del governo o attraverso elezioni anticipate, è vicino alla follia politica perché fa finta di non rendersi conto che rischia di consegnare il paese alla speculazione internazionale facendolo precipitare in un caos da cui sarebbe difficile per non dire impossibile riprendersi. Sarà bene darsi un regolata un pò tutti nell’interesse generale della comunità nazionale. Ne tantomeno parlerò della politica regionale perché potrà farlo con dovizia, in questa o in altre occasioni il nostro capogruppo regionale ENZO MARANGONE che voglio ringraziare per la sua adesione convinta al nostro progetto e per il contributo che sta dando alla sua realizzazione: mi limito semplicemente a dare sottovoce un suggerimento al mio amico Presidente della Giunta. Gian Mario SPACCA: in regione è ora che si faccia più fatti e meno dichiarazioni; è ora che si ritorni a svolgere le funzioni per cui l’ente è stato istituito e cioè ritornare a fare essenzialmente legislazione e programmazione; è ora che si ritorni a fissare le priorità; è ora di investire nei settori innovativi: dalla ricerca al terziario avanzato, dalla informatizzazione alla realizzazione di reti di telecomunicazioni moderne ed efficienti. Ed è soprattutto ora di abbondonare, sul piano istituzionale, la politica centralistica attuata in forme sempre più asfissianti, motivate dalla esigenza di dover realizzare economie di scala. ma in realtà finalizzate ad un controllo sempre più assillante del convivere civile. E’ ora invece di dare vita (anche in vista della probabile soppressione delle province) a quelle forme di presenze istituzionali intermedie, come le associazioni dei comuni, o il comune comprensorio, dimensionate in modo compatibile alle esigenze che i cittadini oggettivamente hanno per svolgere la loro quotidiana attività: e cioè, tempi di percorrenza ottimali per avere assistenza sanitaria, recarsi al lavoro, andare a scuola, fare sport, volontariato, godere del tempo libero, attestando su questa dimensione l’organizzazione di servizi pubblici e privati ottimali ed efficienti. Qui terminerebbe il mio dire! Ma vi chiedo ancora qualche minuti per farVi partecipi di un paio di comunicazioni condite da qualche riflessione personale. La prima: Desidero rendere pubblica la mia serena decisione di concludere, proprio qui e proprio oggi, in modo definitivo, quindi senza se e senza ma, il mio apporto diretto all’attività politica. Un’attività che io ho interpretato sempre ed unicamente come servizio perché educato alla luce dell’insegnamento di quella Azione Cattolica del dopo guerra che ci chiedeva di improntare il nostro personale impegno sociale sulla “preghiera, sull’azione e sul sacrificio”.  Una attività che sostanzialmente mi ha visto impegnato, direttamente o indirettamente, in terra marchigiana per mezzo secolo e che, come vi è noto, è stata troncata, almeno sul piano dell’impegno politico-amministrativo, nel 1992/93 dalla spietata iniziativa giustizialista messa in campo nella nostra regione, come nel paese, da varie procure della Repubblica che alcuni hanno definito come “braccio armato della sinistra”, e che noi, invece, in modo cortese diciamo simpatizzavano per la sinistra. Dieci anni dopo, nel 2002, in occasione della prima iniziativa dell’associazione culturale Europa Terzo Millennio,da me fondata insieme ad un manipolo di amici, rompevo per la prima volta il silenzio che mi ero imposto circa la mia vicenda giudiziaria affermando testualmente che “più che di sassolini, io avrei dovuto togliermi dalle scarpe dei veri e propri macigni che rischiavano di fare chissà quali e quanti danni.” Ed aggiunsi che, proprio per senso di responsabilità, i miei massi li lasciavo ancorati alla parete della sfera giudiziaria cosicché tutti i problemi, attinenti tale contesto, lì dovevano rimanere: e facevo questo proprio perché era alla sfera giudiziaria che affidavo tutta una serie di iniziative che ritenevo utili e necessarie affinché mi fosse resa rapidamente giustizia. Debbo dire, ahimè, che il mio ottimismo circa la rapidità dei tempi ipotizzata era fuori luogo poiché ci sono voluti ulteriori 10 anni per vedere quei massi, il cui disgaggio veniva innescato dal susseguirsi di sentenze a me tutte favorevoli, rotolare verso valle e travolgere, via via, lungo il loro tragitto, la infondatezza delle accuse nei miei confronti e nei confronti di tutti coloro che erano stati coinvolti. Si parla di avere fede anche nella Giustizia umana: ma che giustizia è quella che impiega 20 anni a dirti che non sei un delinquente ma un galantuomo; che giustizia è quella che impiega 20 anni a restituirti la onorabilità imbrattata da accuse tanto infamanti. E, badate bene, che a me, cari amici è andata bene perché, grazie a Dio, sono fisicamente e moralmente sopravvissuto a queste vicende. Ora però, insieme ai protagonisti che sono sopravvissuti, (cito semplicemente l’amico NAZZARENO GARBUGLIA con cui ho condiviso giorno dopo giorno per 20 anni ambasce e battaglie giudiziarie) credo corretto che, oggi, noi si chieda giustizia, si chieda cioè che chi ha sbagliato paghi!!!: e non lo chiedo tanto per una sorta di rivincita che non mi interessa proprio: chiedo e chiediamo giustizia per onorare quelli che furono travolti dal ciclone giudiziario ed oggi non sono purtroppo più fra noi. E mi perdonerete se ne ricordo alcuni Floriano Berrettini, Vice Sindaco di Ancona, Franco Ferranti, presidente dell’Unione Camere di Commercio, Luigi Frezzotti, giudice onorario, Gianquinto Albanesi, geometra comunale di Monsano, Renato Bartolucci, dirigente della Sadam, Franco Pandolfi, noto penalista: questi amici, coinvolti a vario titolo nella vicenda CEMIM, non hanno potuto assistere alla loro piena assoluzione. Ed io mi chiedo chi li ripagherà del dolore, della mortificazione, dei soprusi patiti, chi ripagherà soprattutto le loro famiglie dell’umiliazione e dello stress che hanno subito a causa di una così infamante azione accusatoria. Chi? Questo nostro stato di forte irritazione e di profondo smarrimento viene lenito dalla nostra fede poiché ci consola la parola del Signore Dio nostro, Gesù Cristo, che nel discorso delle beatitudini ha affermato: “Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli". E ci è naturale anche in questa occasione pregare il Dio della vita perché li abbia nella sua luce e nella sua pace e doni consolazione e conforto ai loro familiari: da parte nostra continueremo, anche in loro nome, la nostra battaglia perché vengano alla luce tutte le responsabilità e le connivenze che hanno permesso questa incredibile colossale ingiustizia. La seconda ed ultima comunicazione: Essere questa, per me una occasione preziosa per manifestare la mia personale riconoscenza a tutti coloro che, in tanti anni di difficoltà, hanno continuato e continuano ad esprimermi la loro amicizia, la loro stima e la loro solidarietà: sentimenti che mi onorano e che contraccambio con grande affetto e profonda gratitudine. Ed è anche l’occasione per affermare che la mia riconoscenza va innanzitutto alla solidarietà assoluta con cui i miei familiari mi sono stati vicini. Essi mi hanno sostenuto, senza tentennamento alcuno, in ogni circostanza con dignità e fermezza ed oggi è giusto e naturale, ora che sono essi che necessitano di conforto ed di assistenza, io dedichi loro affetto e presenza. Quella presenza ingiustamente loro sottratta durante il lungo periodo del mio impegno politico che assorbiva ogni mio istante ed ogni mia energia. Non credo, perciò, che debba aggiungere una sola parola per motivare ulteriormente le ragioni della mia decisione a rientrare nel mio privato in punta di piedi e senza rimpianti. Senza rimpianti, cari amici, profondamente grato al quel Dio che era, che è, e che sarà ed alla cui maestà, come è scritto, ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e sotto terra, per il dono dell’esistenza, grato per la ricchezza di vita che mi ha dato, grato per tutte le grazie e le benedizioni che mi ha così largamente elargito, grato per avermi fatto un uomo libero ogni volta che sono stato testimone di verità. Io seguirò con simpatia e riconoscenza, in questa avventura politica con l’amicizia di sempre, pronto, nel mio privato, a collaborare e consigliarVi ogni volta che lo riteniate eventualmente utile od opportuno. Ho spesso ricordato, a me stesso ed agli altri, che in politica non bisogna mai innamorarsi degli uomini, perché gli uomini passano, e perché gli uomini sbagliano. Ciò di cui bisogna innamorarsi totalmente sono i valori di cui siamo portatori: valori permanenti che restano attuali nel tempo e nello spazio cosicché la nostra bravura sarà commisurata alla nostra capacità di dare loro attuazione nelle condizioni storiche dettate del nostro presente. Perciò, dovrete lavorare insieme, aiutandovi tra di voi, rispettandovi e collaborando per superare di volta in volta le cose che vi dividono ed attestarvi, invece, su quelle che vi uniscono. Alcide De Gasperi, ci ricordava spesso che se si è uniti si è forti, e se si è forti si è liberi di attuare le finalità per cui abbiamo aderito ad un ideale politico. L’unita è, quindi, amici miei, essenziale in politica: quell’unità che in sostanza è figlia della carità senza la quale dice S, Paolo, l’apostolo delle genti, non siamo nulla. Ed insieme all’unità occorre anche che l’umiltà e la comprensione torni ad essere punti di riferimento del nostro agire. Ecco, proprio l’unità e la comprensione tra voi saranno la chiave del vostro successo. Auguri, quindi, auguri a NOI CENTRO affinché non sia solo un riferimento geografico ma rappresenti veramente il CENTRO, e cioè il cuore. della politica. Auguri a tutti Voi amici, auguri per il Vostro impegno, per il Vostro servizio, per il Vostro cammino: che sia pieno di soddisfazioni e che sia denso di grandi successi così da contribuire in modo incisivo allo sviluppo civile e morale delle nostre comunità e del nostro paese. Grazie".

 

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