Ostra Vetere: Da Nerone alle nuove schiavitù |
Lunedì 15 Maggio 2017 18:27 |
Lo scorso Martedì 09 Maggio 2017 con il comunicato intitolato “Ostra Vetere: Risponde il sindaco sull’utilizzo degli immigrati in lavori socialmente utili” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/38009-ostra-vetere-risponde-il-sindaco-sullutilizzo-degli-immigrati-in-lavori-socialmente-utili) abbiamo dato conto di quanto ci aveva risposto il sindaco sulla richiesta di informazioni circa l’utilizzazione anche a Ostra Vetere di immigrati in lavori socialmente utili gratuiti. In quella occasione avevamo detto che avremmo risposto adeguatamente alla lettera, come facciamo sempre, intanto allegandone la copia dell’originale e dell’interessante allegato accluso. Adesso assolviamo all’impegno, non certo con i ritardi con i quali lui risponde alle nostre richieste (quelle poche volte che risponde). In fin dei conti rispondere è un dovere per chi assolve a una funzione pubblica, ma lo sentiamo anche come dovere nostro, sebbene non abbiamo alcuna funzione pubblica da espletare, quando si tratta invece di interessi pubblici, e quindi di tutti e perciò anche nostri. Far lavorare gratis qualcuno per noi non è un “interesse” sociale, come qualcuno disinvoltamente ritiene, ma un orribile approfittamento e sfruttamento. Piegare qualcuno, con le buone o con le “cattive”, ad assolvere ad un “lavoro socialmente utile gratuito”, che secondo qualcun altro dovrebbe essere addirittura “obbligatorio”, ripugna a noi, come dovrebbe comunque ripugnare a ogni coscienza civile e democratica (“democratica” NON si fa tanto per dire, come fanno quelli che vestendo, da lupo, la pelle dell’agnello sfruttano la parola ma ne tradiscono ignominiosamente il significato), fino a farci temere l’insorgere di una volontà prevaricatrice da schiavisti negrieri. Dobbiamo infatti premettere che Montenovo sorse novecento anni fa come libera e autonoma comunità che praticò fin dagli inizi la intransigente difesa dei principi di Libertà, Autonomia e Giustizia, accogliendo i profughi a condizioni paritarie, come illustrato in numerosi nostri comunicati fra i quali quello del Lunedì 07 Dicembre 2015 intitolato “Ostra Vetere: Questo è un impegno di tutti e un dovere per tutti” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/30222-ostra-vetere-questo-e-un-impegno-di-tutti-e-un-dovere-per-tutti) che, tra le altre cose, affermava: “Montenovo è sempre stato un paese ospitale fin dagli albori della sua autonomia comunale nel Medioevo, quando accolse i profughi barbaresi nel 1240 che fuggivano l’avanzata dei saraceni mussulmani dello scomunicato imperatore Federico II, quando accolse i profughi toscani perseguitati politici nel Trecento, quando accolse i profughi lombardi e toscani dopo la peste del 1380, quando accolse i profughi schiavoni a metà del Quattrocento che fuggivano l’avanzata dei turchi mussulmani che invadevano i Balcani. Tutto ciò, come condivisa e civilissima pratica che l’esercizio delle opere di misericordia cristiane imponeva e impone tuttora. Piace soprattutto il richiamo a un dovere civile di salvaguardia dell’identità montenovese che, in cambio della generosa accoglienza concessa ai profughi, chiedeva il giuramento di “castellanìa” e cioè la dichiarazione solenne di voler diventare liberi cittadini di Montenovo, impegnandosi a rispettare le leggi e le tradizioni montenovesi e a pagare le tasse esattamente come le pagavano i residenti. Niente di più e niente di meno. Questa era ben lieve imposizione, che tutti i profughi ospitati hanno giurato e rispettato nei secoli. Anche oggi, che Montenovo è chiamato a dare ospitalità a tanti altri profughi fuggiti da paesi lontani, la splendida tradizione di accoglienza e cautela dei nostri antenati è lezione da applicare integralmente: “Sì alla accoglienza, quindi, ma alla condizione che chi viene ci rispetti e rispetti le regole che ci siamo liberamente dati”, come ha puntualmente ricordato il Presidente nel suo discorso, cui ha anche aggiunto “Questo è quello che avremmo voluto dire al Prefetto, visto che è venuto a fare visita a una comunità nigeriana qui ospitata a Ostra Vetere: ben vengano quelli che vengono da fuori, ma siano rispettosi delle nostre tradizioni e delle nostre leggi. Come possiamo indurli ad essere così rispettosi? Grazie all’aiuto dei Carabinieri, che servono a mantenere l’ordine pubblico”. Non ha voluto andare più avanti, il Presidente, per non pronunciare altre parole che, pur necessarie, avrebbero esulato dal contesto della manifestazione. E quello che non ha detto, per encomiabile riserbo, le aggiungiamo adesso noi: se la forza pubblica serve a far rispettare le leggi, il rispetto delle tradizioni non si possono imporre con la forza pubblica, ma con la forza delle idee e degli esempi civili. Solo i compaesani, con il loro dignitoso esempio e con la loro costanza a mantenere vive le proprie tradizioni, possono riuscire a far rispettare la propria identità. Questo è un impegno di tutti e un dovere per tutti”. Concetti, questi, ribaditi nel successivo comunicato del Lunedì 25 Aprile 2016 dal titolo “Ostra Vetere: Nella Festa della Libertà rendiamo onore ai 59 resistenti di Montenovo del 1240” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/32324-ostra-vetere-nella-festa-della-liberta-rendiamo-onore-ai-59-resistenti-di-montenovo-del-1240-) nel quale,
tra le altre cose, dicevamo: “ricordiamo anche la Libertà Municipale di ben 776 anni fa, difesa coraggiosamente da 59 liberi e forti montenovesi. L’avevamo già scritto nei giorni scorsi di cosa successe nel libero Comune di Montenovo quasi ottocento anni fa nel comunicato di mercoledì 20 aprile 2016 intitolato: “L’imperatore ghibellino Federico II e il deformatore fiorentino Matteo I” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/32249-ostra-vetere-limperatore-ghibellino-federico-ii-e-il-deformatore-fiorentino-matteo-i), quando Montenovo disse NO allo scomunicato imperatore ghibellino Federico II che voleva sottometterci (http://www.ccpo.it/centro-cultura-popolare/comunicati/32215-jesi-quando-montenovo-disse-no-allo-scomunicato-imperatore-ghibellino-federico-ii-). Fu storia gloriosa, quella, di cui i montenovesi possono andare fieri, allora come adesso. Così lanciamo un monito ai liberi e forti montenovesi: ricordiamoci chi siamo e chi siamo stati”. Fatte queste doverose premesse ideologiche, illustriamo allora tutti i precedenti cronologici e fattuali sull’argomento della sottomissione ai lavori degli immigrati, per poi tirare le conclusioni. Fin dall’ormai abbondantemente trascorso Mercoledì 29 Marzo 2017, con il nostro comunicato dal titolo “Dall’Italia: Oddiomamma, migranti-Minniti buona legge, per questo non piace?” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/37387-dallitalia-oddiomamma-migranti-minniti-buona-legge-per-questo-non-piace), eravamo rimasti sbalorditi per cosa ci toccava leggere sul quotidiano “Blitz” che pubblicava un articolo cui era difficile non reagire. Il quotidiano titolava un po’ irriverentemente (e non solo) “Migranti-Minniti: buona legge, per questo non piace. Polonia, Ungheria…La faccia come il…” (http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/migranti-minniti-buona-legge-non-piace-polonia-ungheria-la-faccia-2661534/). Da subito avevamo rilevato come contenesse un fin troppo sperticato e spericolato elogio al governo e al ministro Minniti dopo che lo scorso 10 febbraio aveva varato un disegno di legge sui migranti che prevedeva una sacco di cose. Anche troppe. E tutt’altro che encomiabili. Infatti contro quel decreto si sono scagliati in molti: partiti politici, associazioni, organi di informazione, eccetera. E tuttavia nell’articolo si tessevano grandi e calorosi elogi di quel decreto, definito: “Una legge concreta, possibile, realista, razionale e ragionevole”, “Bene, arriva una legge concreta e giornali e talk show e blog le dedicano poche righe a fatica come obbligo di cronaca parlamentare. La concretezza che c’è dentro la legge nell’informazione non c’è, troppo faticoso andarla a leggere, capire, comunicare”, e via faziosamente elogiando, come ognuno potrà sincerarsi leggendo l’articolo cliccando sul link soprariportato. Troppo elogi - avevamo detto subito - Non ci convincono. “Chi si loda si sbroda”, dice un vecchio detto che esprime la cauta accortezza dell’intelligenza dei nonni. Che forse avevano ragione a diffidare di chi si elogia troppo. E avevamo promesso che saremmo andati a leggere e commentare adeguatamente, se erano opportuni tutti quegli elogi oppure no. E infatti il giorno dopo, Giovedì 30 Marzo 2017, con il comunicato dal titolo “Dall’Italia: Per i seguaci del martire Pietro che non hanno niente da dire” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/37402-dallitalia-per-i-seguaci-del-martire-pietro-che-non-hanno-niente-da-dire-), abbiamo offerto un adeguato commento al decreto governativo del 10 febbraio 2017 cosiddetto “Minniti” sull’inserimento dei migranti nei cosiddetti “progetti socialmente utili gratuiti”. L’abbiamo presa alla lontana, come meritava lo spinoso argomento. E abbiamo ricordato come tutta la storiografia bimillenaria descrive, come truce e perversa, la figura e l’opera del bieco imperatore Nerone che, duemila anni fa, era all’epoca l’uomo solo al comando e stravolgeva a suo piacimento ogni norma di vita civile. Che razza di imperatore tiranno sarebbe stato altrimenti – dicevamo – un uomo solo al comando dell’impero transnazionale di Roma, se non avesse fatto quello che ha fatto. Aveva sposato tre mogli, di cui da una divorziò e la seconda soppresse con femminicidio a calci nella pancia incinta, provocando l’aborto e la morte. Della terza, la perversa plurimaritata e divorziata Messalina, rimase soggiogato fino alla fine. Depravato oltre ogni limite, aveva anche sposato in unione civile omosessuale due diversi uomini, di uno dei quali era moglie e dell’altro marito. Guitto e menestrello, mise a fuoco Roma con un incendio devastante per poter cantare con la cetra la similitudine dell’incendio di Troia, dandone poi la colpa ai cristiani. Si avvalse del feroce ministro Tigellino come mandante di omicidi e violenze. Martirizzò l’Apostolo Pietro e costrinse all’auto-eutanasia il filosofo filocristiano Seneca, che pure era stato suo precettore. Le sue nefandezze provocarono ribellioni e violenze, fin quando dovette scappare e, nella fuga notturna disordinata e terribile, si diede la morte da suicida nella villa del suo liberto Faonte, suo schiavo affrancato. Non poteva farne di più. E di più e di peggio se ne disse e scrisse per secoli e millenni. Mai ci fu un esempio peggiore di tiranno omicida depravato e schiavista. Questo era Nerone. Sarebbe fin troppo facile l’opera di quanti accostano le sue vicende a quelle odierne: femminicidi, aborti, eutanasie, suicidi costellavano la vita di allora quanto quella di oggi. E forse nei personaggi più sopra citati è possibile trovare accostamenti calzanti con odierni esponenti di una casta politica non meno deprecabile. Mancava solo una cosa, finora. La “schiavitù”. Giustamente abolita un millennio fa, anche nella più blanda forma della “servitù” fatta scomparire dopo l’ultima guerra. Ma la forza del “progresso”, che sognava di riportarci indietro di un secolo a godere del sol dell’avvenire promesso con la rivoluzione d’ottobre ha però sbagliato le misure e ci riporta indietro non di un secolo, al 1917 dell’avvento del comunismo, ma di ben due millenni, a Nerone e ai suoi misfatti. Quel che di sinistro combinava Nerone 2.000 anni fa è esattamente ciò che ci propina come “progressista” certa sinistra cultura odierna. Non ci mancava più niente, ad eccezione della “schiavitù”. Cioè della sottomissione dell’uomo sull’uomo per orrendo sfruttamento da negrieri: una vita di lavoro per poco più che pane e acqua e niente remunerazione. Questa allora si chiamava crudamente “schiavitù”. Oggi, abilissimi a prestidigitare progressisticamente con parole circonvolute, si chiama invece “lavoro socialmente utile gratuito”, come nel decreto legge governativo del 10 febbraio 2017 (allegato), ma la sostanza è all’incirca la stessa. Si sfruttano gli “schiavi” della “tratta” qui condotti da negrieri scafisti e li si costringe (qualcuno dice addirittura “volontariamente”) a lavorare gratis in cambio di un tozzo di pane (http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/13/far-lavorare-gratis-i-migranti-un-salto-indietro-di-decenni-nelle-lotte-sindacali/3382470/). E concludevamo amareggiati: ma guarda te, come di soppiatto reintroducono la “schiavitù” in Italia. Come ai tempi di Nerone. Nel Duemila mancava solo questa, il ritorno della “schiavitù”. E così torniamo a Nerone, mentre tutti rimangono zitti. Noi no. Noi zitti non ci stiamo. E diciamo NO al nuovo aberrante uomo solo al comando Nerone, alla sua nuova vanesia Messalina e al nuovo umbratile Tigellino, commiserando amaramente il sereno filosofo filocristiano Seneca e stupendo smarriti e delusi per i seguaci del martire Pietro che non hanno niente da dire. Questo scrivevamo in quel comunicato, inorridendo al pensiero che nessuno avvertisse lo scempio di coscienza che giunge fino a non vedere l’evidenza e a far ingoiare come apprezzabile progressismo il più reazionario dei delitti sociali: la nuova forma di schiavitù, addirittura elogiandola sotto mentite spoglie edulcorate e pervertitrici. Queste sono per noi, e ci augureremmo anche per altri, le vere essenze dei cosiddetti “lavori socialmente utili gratuiti”, obbligatori o eufemisticamente “volontari” che siano. E per questi motivi il giorno ancora seguente abbiamo detto vigorosamente NO alla schiavitù nel Sabato 01 Aprile 2017 con il nostro ulteriore comunicato “Ostra Vetere: No a nuove schiavitù” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/37439-ostra-vetere-no-a-nuove-schiavitu), scrivendo al sindaco di Ostra Vetere: “Ostra Vetere, 1 aprile 2017 Protocollo: 20170401NS Oggetto: No a nuove schiavitù. Al Sindaco del Comune di 60010 Ostra Vetere (AN). Ci è stato segnalato che il Comune di Ostra Vetere sta utilizzando immigrati in lavori di manutenzione stradale, senza sapere a quale titolo. Già sull’inserimento degli immigrati in lavori socialmente utili, nella modalità volontaria (o addirittura obbligatoria) gratuita, prevista dal decreto legge cosiddetto “Minniti” dal nome del ministro proponente, ci siamo espressi duramente con i nostri due precedenti comunicati di Mercoledì 29 Marzo 2017 dal titolo “Dall’Italia: Oddiomamma, migranti-Minniti buona legge, per questo non piace?” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/37387-dallitalia-oddiomamma-migranti-minniti-buona-legge-per-questo-non-piace) e di Giovedì 30 Marzo 2017 con il titolo “Dall’Italia: Per i seguaci del martire Pietro che non hanno niente da dire” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/37402-dallitalia-per-i-seguaci-del-martire-pietro-che-non-hanno-niente-da-dire-), sulla scorta dei principi dettati dall’articolo 1 della Costituzione e dalla Dottrina Sociale della Chiesa” che postula “Il diritto all'equa remunerazione e distribuzione del reddito”, allegandone il testo che segue.
302 La remunerazione è lo strumento più importante per realizzare la giustizia nei rapporti di lavoro.659 Il «giusto salario è il frutto legittimo del lavoro»; 660 commette grave ingiustizia chi lo rifiuta o non lo dà a tempo debito e in equa proporzione al lavoro svolto (cfr. Lv 19,13; Dt 24,14-15; Gc 5,4). Il salario è lo strumento che permette al lavoratore di accedere ai beni della terra: «il lavoro va ricompensato in misura tale da garantire all'uomo la possibilità di disporre dignitosamente la vita materiale, sociale, culturale e spirituale sua e dei suoi, in relazione ai compiti e al rendimento di ognuno, alle condizioni dell'azienda e al bene comune».661 Il semplice accordo tra lavoratore e datore di lavoro circa l'entità della remunerazione non basta per qualificare «giusta» la remunerazione concordata, perché essa «non deve essere inferiore al sostentamento»662 del lavoratore: la giustizia naturale è anteriore e superiore alla libertà del contratto. 303 Il benessere economico di un Paese non si misura esclusivamente sulla quantità di beni prodotti, ma anche tenendo conto del modo in cui essi vengono prodotti e del grado di equità nella distribuzione del reddito, che a tutti dovrebbe consentire di avere a disposizione ciò che serve allo sviluppo e al perfezionamento della propria persona. Un'equa distribuzione del reddito va perseguita sulla base di criteri non solo di giustizia commutativa, ma anche di giustizia sociale, considerando cioè, oltre al valore oggettivo delle prestazioni lavorative, la dignità umana dei soggetti che le compiono. Un benessere economico autentico si persegue anche attraverso adeguate politiche sociali di ridistribuzione del reddito che, tenendo conto delle condizioni generali, considerino opportunamente i meriti e i bisogni di ogni cittadino. Ne consegue – scrivevamo decisi - l’obbligo morale per chiunque, Comune di Montenovo compreso, di rifiutare ogni forma di brutale sfruttamento del lavoro umano non retribuito e ogni forma di schiavitù, comunque camuffata. Su questo punto nessuno può transigere, tantomeno chi dovrebbe richiamarsi ai principi di solidarietà ed equità sociale, quali i politici nazionali e gli amministratori locali. Abbiamo già detto, e lo ripetiamo anche qui, che ogni ipotesi di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che pure dovrebbe ben essere presente a chi un tempo si professava di sinistra e ha ormai smarrito intenzionalmente la retta strada di casa, non può essere assolutamente tollerata. Tantomeno se ne può fare promotore lo Stato italiano e gli enti territoriali, men che meno il nostro Comune di Montenovo, che non può essere piegato da nessuno a complicità schiaviste e da negrieri, neppure dagli attuali amministratori di sinistra. Montenovo non può tollerare pratiche schiaviste e negriere contro cui lottò strenuamente fin dalla sua costituzione, perfino contrapponendosi agli esordi, nel 1240, allo scomunicato imperatore ghibellino Federico II e alle sue milizie teutoniche e saracene e contro il coevo “servaggio feudale”. Non può e non deve Montenovo tornare indietro di ottocento anni di intransigente difesa della giustizia, dell’autonomia e della libertà comunale, che nessuno può tradire per nessun motivo. Il lavoro è sacro e va adeguatamente retribuito. Nessuno ardisca costringere qualcuno a lavorare gratis. Nemmeno i migranti. Noi diciamo no a nuove schiavitù. Si pensi invece a trovare doverosamente lavoro alle nostre imprese e ai nostri lavoratori, come abbiamo ripetutamente e inutilmente chiesto tante volte. Sarebbe gravissima e intollerabile ogni pratica di “progetti di lavoro socialmente utili volontari (o addirittura obbligatori) gratuiti” postulati dal ridetto decreto “Minniti”. Non sono infatti “lavori socialmente utili”, ma “lavori socialmente iniqui”. Per questo chiediamo di sapere a quale titolo sono stati occupati i predetti immigrati citati all’inizio, sulla base di quale progetto, con quali mezzi finanziari remunerati e con quali modalità e importi, con quali garanzie sindacali. Non sarebbe infatti tollerabile che proprio il nostro paese fosse ridotto dagli attuali amministratori a corresponsabile di orrende pratiche da neo-liberismo sfrenato e immorale, che di fatto reintroducono forme larvate o palesi di sfruttamento o, peggio, di schiavitù. Si rimane quindi in urgente attesa della richiesta documentazione che fughi ogni corresponsabilizzazione amministrativa locale, dalla quale comunque prendiamo fin da ora ogni debita distanza, in simili temute orrende compromissioni anticostituzionali, antisindacali, antisociali, oltre che gravemente immorali. montenovonostro”. E speriamo che nel frattempo, in attesa di risposta, il Comune non venga piegato a farsi complice dei negrieri, mentre noi diciamo forte e chiaro No a nuove schiavitù. Questo scrivevamo fin dal 1° Aprile 2017 (e non era certo un “pesce” che, muto, non potrebbe parlare, mentre noi non solo parliamo, ma scriviamo anche) sull’utilizzo degli immigrati in “lavori socialmente utili”, sulla scorta dei principi dettati dall’articolo 1 della Costituzione e dalla Dottrina Sociale della Chiesa” che postula “Il diritto all'equa remunerazione e distribuzione del reddito”. Solo dopo ben quaranta giorni di astinenza e digiuno di notizie, nel deserto di insensibilità e menefreghismo che ci circonda orridamente, finalmente il 9 maggio il sindaco si è deciso (cosa strana, visto che non lo fa quasi mai) a risponderci in ritardo, come fa sempre, quando lo fa. E ci ha scritto una lettera che abbiamo immediatamente pubblicato con il nostro comunicato di Martedì 09 Maggio 2017 dal titolo “Ostra Vetere: Risponde il sindaco sull’utilizzo degli immigrati in lavori socialmente utili” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/38009-ostra-vetere-risponde-il-sindaco-sullutilizzo-degli-immigrati-in-lavori-socialmente-utili): “COMUNE DI OSTRA VETERE (Provincia di Ancona) Il Sindaco Prot. 3254 Ostra Vetere 09.05.2017. Al Referente di Montenovonostro Alberto Fiorani Via A. Moro 1 OSTRA VETERE Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. . OGGETTO: Risposta a lettera su utilizzo immigrati in lavori socialmente utili. In risposta alla richiesta di informazioni del 3.04.2017 prot. 2438 si trasmette il Protocollo siglato dai Comuni dell'ATS n. 8 con la Prefettura e con le Associazioni di volontariato, ed approvato dal Comitato dei Sindaci. ( v. allegato). Questa Amministrazione condivide il principio per cui il lavoro deve essere retribuito ed è contraria ad ogni forma di sfruttamento dell’uomo. La finalità del protocollo sottoscritto era la necessità di attivare una reciproca collaborazione al fine di favorire la realizzazione di percorsi educativi di accoglienza ed integrazione a favore dei migranti inseriti dalla Prefettura di Ancona nelle strutture di accoglienza del territorio dell'ATS 8 gestite da soggetti individuati nell'ambito di rapporti convenzionali dalla Prefettura stessa (di seguito nominati "Soggetti gestori"). Si specifica nell'atto infatti che "Tali percorsi dovranno permettere ai migranti di conoscere ed integrarsi nel contesto sociale che li ospita, attraverso lo svolgimento di attività di volontariato finalizzate al raggiungimento di uno scopo sociale e/o di pubblico interesse (non a fini di lucro) che consentano di acquisire un ruolo attivo, partecipe e che restituiscano loro dignità. Le attività sono svolte a favore della collettività territoriale ospitante, contribuendo a conseguire un bene e un valore di natura altamente sociale per le Comunità e per i territori in cui esse vengono realizzate. Pertanto tali attività dovranno inserirsi nei contesti di carattere civile, sociale, educativo, ambientale, sportivo e culturale, che non richiedono particolari forme di specializzazione e comunque nel rispetto delle capacità, attitudini, professionalità ed intenzioni della persona straniera migrante." Distinti saluti. IL SINDACO Luca Memè Piazza Don Minzoni, 1 - 60010 Ostra Vetere (AN) Tel. 071.965053 (int. 8) - Fax 071.964352 Web: www.comune.ostravetere.an.it E-mail: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. ”. Pubblicando integralmente quanto sopra, abbiamo assicurato che avremmo risposto adeguatamente alla lettera, come facciamo sempre, intanto allegandone copia dell’originale e dell’interessante allegato accluso. Lo facciamo ora, ripetendo le parole che abbiamo usato in premessa, non certo con i ritardi con i quali il sindaco risponde alle nostre richieste (quelle poche volte che risponde). In fin dei conti rispondere è un dovere per chi assolve una funzione pubblica, ma lo sentiamo anche come dovere nostro, sebbene non abbiamo alcuna funzione pubblica da espletare, quando si tratta di interessi pubblici, e quindi di tutti e anche nostri. Perché far lavorare gratis qualcuno per noi non è un “interesse” sociale, come qualcuno ritiene, ma un orribile approfittamento e sfruttamento. Piegare qualcuno, con le buone o con le “cattive”, ad assolvere ad un “lavoro socialmente utile gratuito”, che secondo qualcun altro dovrebbe essere addirittura “obbligatorio”, ripugna a noi, come dovrebbe ripugnare a ogni coscienza civile e democratica (“democratica” NON si fa tanto per dire, come fanno quelli che vestendo, da lupo, la pelle dell’agnello sfruttano la parola ma ne tradiscono ignominiosamente il significato), fino a farci temere l’insorgere di una volontà prevaricatrice da schiavisti negrieri. E aggiungiamo anche che, mentre apprezziamo quello che il sindaco ha scritto nella prima parte della risposta, e cioè che “Questa Amministrazione condivide il principio per cui il lavoro deve essere retribuito ed è contraria ad ogni forma di sfruttamento dell’uomo”, che ci trova perfettamente d’accordo sulla scorta di quanto abbiamo sempre detto e ripetuto sull’argomento, tuttavia aggiunge l’edulcorante motivazione della seconda parte della lettera con cui trasmette il Protocollo siglato dai Comuni dell'ATS n. 8 con la Prefettura e con le Associazioni di volontariato, ed approvato dal Comitato dei Sindaci. ( v. allegato) e che dice: “La finalità del protocollo sottoscritto era la necessità di attivare una reciproca collaborazione al fine di favorire la realizzazione di percorsi educativi di accoglienza ed integrazione a favore dei migranti inseriti dalla Prefettura di Ancona nelle strutture di accoglienza del territorio dell'ATS 8 gestite da soggetti individuati nell'ambito di rapporti convenzionali dalla Prefettura stessa (di seguito nominati "Soggetti gestori"). Si specifica nell'atto infatti che "Tali percorsi dovranno permettere ai migranti di conoscere ed integrarsi nel contesto sociale che li ospita, attraverso lo svolgimento di attività di volontariato finalizzate al raggiungimento di uno scopo sociale e/o di pubblico interesse (non a fini di lucro) che consentano di acquisire un ruolo attivo, partecipe e che restituiscano loro dignità. Le attività sono svolte a favore della collettività territoriale ospitante, contribuendo a conseguire un bene e un valore di natura altamente sociale per le Comunità e per i territori in cui esse vengono realizzate. Pertanto tali attività dovranno inserirsi nei contesti di carattere civile, sociale, educativo, ambientale, sportivo e culturale, che non richiedono particolari forme di specializzazione e comunque nel rispetto delle capacità, attitudini, professionalità ed intenzioni della persona straniera migrante". Su questo non siamo d’accordo. Scrive che “La finalità del protocollo sottoscritto era la necessità di attivare una reciproca collaborazione”. Ma “era” perché? Non lo è più? O invece lo “era” e lo “è” tuttora? E poi “reciproca collaborazione” con chi? Qui a con-laborare sono solo i migranti, che lo farebbero “attraverso lo svolgimento di attività di volontariato” circonloquendo l’essenza del progetto che si titola giuridicamente come “lavoro socialmente utile”, anche se non viene più presentato come tale (“lavoro”), ma solo come “volontariato”, sottolineando da parte nostra espressamente il termine “lavoro” che è cosa distinta e distante del “raggiungimento di uno scopo sociale e/o di pubblico interesse (non a fini di lucro)” che legittimerebbe la prestazione come “gratuita”, cioè senza corresponsione del giusto corrispettivo economico. Dice poi che “Le attività sono svolte a favore della collettività territoriale ospitante, contribuendo a conseguire un bene e un valore di natura altamente sociale per le Comunità e per i territori in cui esse vengono realizzate” cioè a favore nostro, che saremmo gli “ospitanti”. Niente di più falso. Noi non “ospitiamo” nessuno, è lo Stato che li “ospita”. E perché allora sono chiamati a “lavorare” a “favore della nostra comunità”, cioè del Comune, se ad ospitarli è lo Stato a sue spese e non il Comune, che non paga niente? E ciò consentirebbe di “acquisire un ruolo attivo, partecipe e che restituiscano loro dignità”?. Sì, esattamente come le “serve” prese in casa dai “padroni” nell’Ottocento, che dovevano lavorare e sgobbare accontentandosi degli avanzi di tavola, anche allora non richiedendo “particolari forme di specializzazione e comunque nel rispetto delle capacità, attitudini, professionalità ed intenzioni della persona straniera migrante", come è scritto nella risposta del sindaco. Esattamente come temevano, una reintroduzione surrettizia di una forma di lavoro schiavista e da negrieri. Non lo vogliamo. Non è roba per noi. Sarà pure nella perversa logica ideologica di una sinistra che ha perso il lume della ragione e si abbandona al dilettantismo politico e ideologico, ma noi non vogliamo averne niente a che vedere. Noi stiamo da un’altra parte rispetto a voi. Inorridiamo per quello che state facendo e non vogliamo portare alcuna responsabilità in simili aberranti pratiche. Non fateci sporcare le mani con questa roba. Non vogliamo essere ridotti a complici di simile perversione sociale se tacessimo. Per questo parliamo e scriviamo senza peli sulla lingua. E lo facciamo per dire che non è stata data nessuna vera risposta alla nostra precisa domanda del 1° Aprile 2017 quando scrivevamo che: “Non sono infatti “lavori socialmente utili”, ma “lavori socialmente iniqui”. Per questo chiediamo di sapere a quale titolo sono stati occupati i predetti immigrati citati all’inizio, sulla base di quale progetto, con quali mezzi finanziari remunerati e con quali modalità e importi, con quali garanzie sindacali. Non sarebbe infatti tollerabile che proprio il nostro paese fosse ridotto dagli attuali amministratori a corresponsabile di orrende pratiche da neo-liberismo sfrenato e immorale, che di fatto reintroducono forme larvate o palesi di sfruttamento o, peggio, di schiavitù”. Questo abbiamo detto e chiesto senza aver avuto adeguata risposta. Allora torniamo a chiedere nuovamente: “di sapere a quale titolo sono stati occupati i predetti immigrati citati all’inizio, sulla base di quale progetto, con quali mezzi finanziari remunerati e con quali modalità e importi, con quali garanzie sindacali”. Non è sorvolando su questo che ci convincerà a farci corresponsabili morali di immorali ignominie schiaviste e negriere e gli chiediamo anzi di non consentire più a Montenovo l’utilizzo degli immigrati in “lavori socialmente utili”, gratuiti “volontari” o addirittura “obbligatori”, perché secondo noi sono “lavori socialmente iniqui”. E questo nostro giudizio si accosta anche alle ragionate considerazioni di un altro protagonista dell’accoglienza agli immigrati, don Vinicio Albanesi Presidente della Comunità di accoglienza di Capodarco di Fermo (FM), del cui pensiero abbiamo dato integrale informazione con il nostro comunicato di Giovedì 11 Maggio 2017 intitolato “Fermo: E’ esploso rizzando la ghigliottina” (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/38035-fermo-e-esploso-rizzando-la-ghigliottina) che di seguito riportiamo: “Immigrazione sì, immigrazione no. E’ questo il “busillis” dei tempi attuali. Un tema che coinvolge e sconvolge la politica mondiale e le politiche statali, ma anche quelle istituzionali regionali, provinciali e locali, fino a sollecitare, spesso in termini di faziosità di parte, anche le stesse comunità. Un argomento al quale anche "montenovonostro" ha dato sistematicamente rilievo, considerato che Ostra Vetere ospita una delle più grandi comunità di immigrati in una struttura ricettiva paesana, con tutti i problemi che ciò comporta. Registriamo quindi l’amaro e impotente sfogo di un sacerdote che affronta il cuore del problema. Già, il cuore. Combattuto fra la sua professione sacerdotale e la stessa missione di accoglienza che pratica da decenni, don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di accoglienza “Capodarco” di Fermo, rivolgendosi agli immigrati così si esprime: “L’Italia non vi ama, non venite”. Detto così, sinteticamente, fa rabbrividire. Dipinge un paese odioso e prevenuto che invece non c’è. Non è l’Italia che non ama gli immigrati. Tanto è vero che l’Italia è lo Stato Italiano, che invece non odia gli immigrati e anzi si prodiga in tutti i modi (talvolta addirittura troppo e troppi) non solo per accoglierli, ma addirittura per sollecitarne l’arrivo, come hanno fatto più che autorevoli esponenti istituzionali, vedi la “Presidenta” della Camera dei Deputati Laura Bodrini e il “Presidento” (ormai ex) della Regione Puglia ed esponente di primo piano del Partito SEL Nichi Vendola, per i quali anzi gli immigrati sarebbero addirittura una “risorsa” e ci portano “ricchezza”. Quindi non è propriamente vero che “l’Italia non vi ama” come dice don Albanesi. Semmai sono gli italiani, e nemmeno tutti, che non li amano. Per una serie di motivi i più disparati, per incomprensione e per convenienza, per opportunismo e per egoismo, quasi mai, comunque, per motivi razziali o, peggio ancora, razzisti. Ma don Vinicio Albanesi ha un pregio: quello di dire la verità, bella o brutta che sia, ma sempre verità. In un mondo in cui di verità ne circola ben poca, non è cosa di poco conto. Non si fa illusioni, don Albanesi, e va al cuore del problema. E lo affronta lucidamente e senza condizionamenti ideologici per dire agli immigrati “non venite”. Nel tempo in cui, sotto la spinta di slogan che vorrebbero abbattere i muri per erigere solo ponti, ossessivamente ripetuti da terzomondisti di ogni specie, l’appello di don Albanesi “non venite” fa riflettere. Amaramente, ma fa riflettere. E allora leggiamo per intero l’appello di don Vinicio Albanesi: “«Rivolgo un messaggio a voi, uomini e donne dei Paesi dell’Africa e del Medio Oriente che pensate di venire in Italia, non partite». Qui c’è un sistema che non funziona, e don Vinicio ne denuncia i limiti fortissimi: a pagare le conseguenze sono sempre gli ultimi, quelli che arrivano dal mare: «I motivi dell’invito a non partire sono molti e tragici – scrive –. Il rischio di pagare somme spropositate per arrivare in Libia e andare incontro a gravissimi problemi di sfruttamento è una certezza e non è una ipotesi. I racconti di quanti hanno tentato di imbarcarsi descrivono angherie, violenze, soprusi. La traversata del mare ha fatto negli ultimi anni migliaia di vittime. Non valgono purtroppo sempre le missioni di salvataggio. Se riuscirete a mettere piede in Italia sarete sottoposti ad un’istruttoria che serve a riconoscere lo stato di rifugiati. Le commissioni proposte ascolteranno poco la descrizione delle vostre storie: saranno accolti coloro che provengono, secondo le convinzioni italiane, dai paesi in chiaro stato di guerra. Le domande che insisteranno su problemi umanitari saranno respinte. Non sarà possibile attivare ricorsi ai Tribunali italiani, eccetto la Cassazione». Secondo il sacerdote la sofferenza di chi prova a partire non finisce nemmeno con l’auspicato permesso di soggiorno: «Non esiste nessun programma di accompagnamento al vostro inserimento. Potreste trovare qualche buona anima che vi aiuta, ma nessun proposta generale è stata pensata: residenza, casa, lavoro saranno nelle vostre mani. Non troverete solidarietà. La maggior parte del nostro popolo non vi vuole e non vi ama». C’è infatti un clima ostile e razzista, aggiunge don Vinicio: «Vi rimprovereranno di essere neri di pelle, di rubare lavoro, di essere pericolosi, di essere occasione di arricchimento per alcuni italiani. Vi resteranno briciole di lavori umili e mal pagati, con alloggi di fortuna. Non conteranno i vostri studi e i vostri mestieri, sarete tenuti lontani dalla vita della città. Per sopravvivere potrete essere costretti ad azioni illegali, comunque ai margini di una vita normale. Vi scrivo perché vi voglio bene e vorrei che il nostro paese fosse più attento e organizzato. Oggi, purtroppo non è così. Oggi l’ondata di persone richiedenti asilo che sbarcano sulle coste italiane è troppo alta: siamo rimasti soli, con un’Europa sorda e cinica». Ecco cosa ha scritto con l’amaro nel cuore il sacerdote che pure ha dedicato tutta la vita ad accogliere tutti e particolarmente gli ultimi. Parla con il cuore in mano, come non fanno quelli che sono preposti a risolvere davvero questo immane problema dell’immigrazione: gli eletti, i politici nazionali. Una parte di loro, la maggioranza politica, fa grandi dichiarazioni di apertura e si dichiarano per l’accoglienza senza limiti. Un’altra parte, la minoranza, sostiene il contrario, anche questa senza limiti. Gli uni e gli altri, di sinistra e di destra, totalmente incapaci a risolvere un problema ormai troppo grande e che sfuggirà presto di mano a tutti, esplodendo. Nessuno di loro ha mai avuto una visione chiara e lungimirante del problema, ognuno chiuso in una occhiuta e ottusa scelta pregiudiziale di campo. Nonostante l’accorato appello di don Albanesi gli immigrati continueranno ad arrivare, spinti dalla disperazione e dalle sollecitazioni pelose di quanti (scafisti, trattisti e malavitosi) speculeranno su questo fenomeno epocale di massa. Fino a quando: da centinaia di migliaia che sono, diventeranno, anno dopo anno, milioni. Cosa potranno mai fare in un paese già scosso da una crisi economica inarrestabile che condanna alla disoccupazione addirittura la metà dei propri giovani? Ma continueranno a venire. Fino a quando esploderà. E saranno dolori per tutti, per colpa di una classe politica incapace e irresponsabile che mette a dura prova la sopportabilità del popolo che dovrebbe servire e di cui invece si serve per perpetuare i propri vitalizi. Così facevano i due “stati” politici che dominavano la Francia monarchica, sordi a ogni istanza di moderazione e giustizia sociale, fino a quando il “terzo stato”, il popolo, è esploso rizzando la ghigliottina”. Tutto ciò corrobora la nostra richiesta affinchè il Comune di Ostra Vetere rinunci ad avvalersi, d’ora in avanti, dello strumento dei “lavori socialmente utili gratuiti”, fossero anche “volontari”, perché nella forma in cui sono stati pensati sono, per noi, “lavori socialmente iniqui” dei quali noi non vogliamo essere coinvolti né corresponsabilizzati e chiediamo anche al sindaco di non lasciarsi coinvolgere in simili pratiche, che ricadrebbero anche sulla coscienza del paese, che non merita di essere trattato così. Anzi, per tutti i motivi ampiamente illustrati più sopra, convinca anche gli altri co-firmatari del Protocollo siglato dai Comuni dell'ATS n. 8 con la Prefettura e con le Associazioni di volontariato, ed approvato dal Comitato dei Sindaci, a rinunciare definitivamente a simili compromissioni anticostituzionali, antisindacali, antisociali, oltre che gravemente immorali. Il lavoro è sacro e va adeguatamente retribuito. Nessuno ardisca costringere qualcuno a lavorare gratis. Nemmeno i migranti. Noi diciamo no a nuove schiavitù. E, come noi, lo dica anche l’amministrazione comunale di Montenovo. Il sindaco dedichi piuttosto il suo poco tempo che ancora gli rimane a promuovere doverosamente lavoro alle nostre imprese e ai nostri lavoratori, come abbiamo ripetutamente e inutilmente chiesto tante volte. Si rimane quindi in urgente attesa della richiesta documentazione che fughi ogni corresponsabilizzazione amministrativa locale, dalla quale comunque prendiamo fin da ora ogni debita distanza da simili temute compromissioni anticostituzionali, antisindacali, antisociali, oltre che gravemente immorali. da montenovonostro |
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